Diana Letizia
I cani li lanciavano dal cancello. Cronache dal Territorio de Zaguates

I cani li lanciavano dal cancello. Tirati su come sacchi e gettati oltre il muro. Di notte, la maggior parte delle volte. Josè la mattina se ne ritrovava uno di fronte, spesso, in mezzo al gruppo dei “suoi”, quelli che porta in giro tutto il giorno per farli correre, distrarre, vivere nel Territorio de Zaguates. Tyson, un bestione di almeno 30 chili, chissà se è stato fiondato così dentro il Santuario e a vederlo nella sua stazza di pseudo mastino comprendi quanta determinazione ci vuole per abbandonare un essere vivente. Lo ha visto Josè per primo, un giorno, che girava come se niente fosse insieme agli altri cani. Ha chiesto a Felix e Alex, altri due ragazzi che lavorano fissi in questo luogo fondato da una donna che ha deciso di investire soldi, tanti, e energia, ancora di più, nella tutela dei randagi. Cani abbandonati, maltrattati, esclusi dalla comunità degli umani in cui avrebbero potuto continuare a vivere serenamente se non fossero diventati amorevoli cuccioli poi cresciuti e dunque “inutili” per chi li aveva adottati, cani di strada felici e indipendenti ma per la gente “pericolosi e malati” o animali incatenati e privati di qualsiasi benessere in fattorie e case da “proteggere”.
Il Territorio de Zaguates è chiuso in questo periodo. Niente passeggiate con i cani in libertà per i “turisti cinofili” ma un periodo di ripresa per consentire a questo luogo di rimanere quello che è: un santuario. Un luogo protetto, in cui dare la possibilità di vivere semplicemente e dignitosamente a cani di ogni età e ogni taglia, nel rispetto della loro salute e individualità. E in attesa di un’adozione, se ci sarà.
Il documentario di Netflix - il più conosciuto ma ci sono altri reportage che raccontano la storia di questo posto, consiglio quello del National Geographic - ha raccontato la parte più dura della vita che scorre al di là delle mura a cui si arriva scalando la collina di Carrizal, in Costa Rica. Netflix ha mostrato Lya Battle e suo marito Alvaro e le persone che lavorano con loro fissandoli in un momento storico in cui la scelta era se andare avanti o fermarsi. I problemi sono tanti: dalla cura degli animali alle imposizioni di un governo che, bene ricordarlo, non provvede in alcun modo per il benessere dei cani di strada e tantomeno contribuisce economicamente al sostentamento del Santuario.
I giorni qui, ora, passano tra il costante lavoro di ammodernamento della struttura, la cura dei cani malati ma soprattutto la continua osservazione dei singoli animali in totale libertà.
La possibilità di essere in contatto con Tyson, la “mia” mai mia Luna, il piccolo e scalmanato Max, il suo omonimo “famoso” perché protagonista proprio del doc di Netflix, il testardo “Cabezon” e ancora Bachera, Paarito e tutti quei cani che insieme a Josè e Alex mi hanno concesso di far parte di un branco immenso, rimangono i momenti che intendo salvare e portare con me nella continuazione di questo viaggio in Costa Rica.
Le riflessioni, le valutazioni in questo momento lasciano il posto che trovano. Ci sarà il momento in cui ritornerò sui video girati e proverò a dare un senso, come scrivevo, pseudo etologico a quello che accade al Territorio de Zaguates. Ma hic et nunc io so ciò che ho visto: uomini e cani che si rispettano e che si prendono cura l’uno dell’altro. Perché guardiamo sempre a quello che le persone fanno ma in questo luogo è davvero evidente - se hai la mente e il cuore aperti - percepire quanto i zaguates sanno dire di loro e dare. Come sempre senza chiedere nulla in cambio, se non di una buona “comida” e del tempo da passare insieme.