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  • Immagine del redattoreZeina Ayache

La fortuna del cane che vive in città



Abbiamo raggiunto un nuovo livello di difficoltà esistenziale, dopo i mille motorini al secondo anche contro mano, le migliaia di saracinesche a tutte le ore, le centinaia di urla ingiustificate, gli infiniti clacson, i quintali di spazzatura per strada, le distese di merda umana nei parchi e i paranoici spaventati dai cani, adesso spuntano anche quelli che vanno a pescare alle 8 di sera con torcia frontale e canna da pesca sulla spalla. Roba che quando emergono improvvisamente dalla penombra così conciati diventa praticamente impossibile non abbaiargli.

La vita del cane in città spesso è considerata di serie B rispetto a quella del cane in campagna che passa il suo tempo sdraiato sull'erba o nei boschi seguendo l'ennesima pista.

Per noi esseri umani è tanto difficile accettare il concetto di diversità e la possibilità che non esista una classifica del meglio o peggio, più complesso è comprendere la possibilità di parlare di più o meno appagante, in linea con le esigenze e il carattere.

E così per me non è vero che la vita del cane di campagna sia migliore di quella del cane di città.

Penso semmai che non tutti i cani possano esprimersi al 100% in campagna o in città.

Tutto dipende da ciò che li smuove dentro e pensare che in assoluto qualsiasi cane starebbe meglio in campagna sarebbe negare innanzitutto l'individualità, limitando il cane al cane stesso, e poi negare la relazione uomo-cane per cui in fondo esistono cani disposti a rinunciare a parte della libertà e del randagismo rocknroll che molto piace a noi umani 'alternativi', per qualche comfort.

Purtroppo alcuni cani restano fregati e l'equilibrio costi-benefici a volte viene meno, e quindi ci si ritrova a vivere sempre attaccati ad un guinzaglio, istruiti come scimmie da circo con l'unico scopo di far ridere gli umani, destinati a masticare pastiglie di cibo secco, dette crocchette, e addestrati a vivere in modo di disturbare il meno possibile l'essere umano.

Ecco allora sì che la città diventa un incubo, ma non è il posto in sé.

La città secondo me offre enormi possibilità ai cani e alla relazione con loro: vivere in libertà il cemento, passeggiare tra le persone alla ricerca di qualche avanzo di cibo, pisciare qui e la per comunicare con gli altri cani ai quali si è annusato il sedere, prendere autobus, tram e metro, scoprire che questi mezzi ti portano in altri luoghi che non conoscevi per poi riportarti a casa, i mercati in cui si incontrano favolose persone che ti lanciano cibo buonissimo da prendere al volo e molto altro ancora.

Certo tutto questo ha un prezzo: lo stress. Ma lo stress non è necessariamente negativo quando è sostenibile. Anzi, è un motore di crescita, di apprendimento, di approfondimento.

Diverso è lo stress provocato dal guinzaglio corto, dal divieto di incrociare altri cani, dalle crocchette, dai comandi continui, dalle uscite limitate e limitanti. Questo stress non porta alla crescita, ma alla frustrazione, che ha effetti opposti.

Insomma, prima di accusare la città, forse dovremmo chiederci, come al solito, cosa possiamo offrire al nostro cane e, di conseguenza, valutare se e quale cane adottare.

Non è il contesto ad essere a prescindere sbagliato, ma lo stile di vita proposto in relazione alle necessità della razza (o al mix di razze) a cui appartiene il cane.

La città può essere un'avventura quotidiana da condividere con il nostro cane, sta a noi renderla divertente e non terrificante.

E vi assicuro che SI PUÒ FARE.

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