Diana Letizia
La libertà di Luna. Cronache dal Territorio de Zaguates
Aggiornamento: 16 giu 2019

Luna dorme sul letto. Come sempre, da quando sono arrivata sulle alture di Carrizal, quattro case in cui vivono poche anime in questo paesino a pochi chilometri da San Josè, Costa Rica. La stanza che ho preso in affitto da Susan e Jo, due americani che si sono trasferiti qui da vent’anni, è il piccolo “tempio” in cui mi ritrovo a convivere con tre randagie che mi fanno compagnia dalla prima notte in cui ho messo piede in una villetta circondata dal rumore dell’acqua di un rivo che scorre indolente e a cento metri nemmeno dal Territorio de Zaguates.

Questa storia potrebbe raccontarla Luna se ne avesse voglia, se non passasse gran parte del tempo che ha deciso di condividere con me a ristorarsi tra una dormitina e carezze che chiede mormorando qualcosa in uno spagnolo canino che subito ha abbattuto ogni barriera linguistica tra me e lei, tra me e gli umani, splendidi, che fanno parte della “famiglia” che Lya Battle, la fondatrice del Territorio, ha intorno a sé.
Potrebbe raccontarla lei se non avesse poi da fare, quando decide di alzarsi dal letto dove abbiamo passato un’altra notte insieme e andare. Chissà dove: a farsi un giro o per ritornare al Santuario quando vuole. Perché lei, come altri, sa che c’è un modo per uscire ma non tutti lo fanno. Luna sceglie, come fanno Baquera e Betty, che pure sono state delle ottime compagne di stanza nelle ultime notti.

E’ difficile dare una "piega" a questo racconto e forse basta solo raccontare di Luna, una dei 1600 randagi che vivono nel Territorio, come simbolo dell'individualità di ognuno di quei quadrupedi e delle singole scelte che i cani compiono. Qualsiasi cane, anche quello che è accanto a voi in questo momento, al chiuso di un appartamento in un’Italia così lontana da me. Umani e altri cani che mi hanno insegnato tanto, che mi hanno concesso la possibilità di passare del tempo con loro e che porto con me anche qui, mentre corro con i "perros" del Territorio, pensando a ogni passo a Frisk e alle persone che mi hanno aperto la mente e in qualche modo seguito anche qui, anche se non sono realmente accanto a me. Qui al Santuario dove sto scoprendo il mondo da un’altra prospettiva, vedendolo insieme a chi ci cammina a quattro e due zampe in una perfetta sintonia.
In mezzo a centinaia di cani che camminano con me e io che cammino con loro, i miei occhi cercano Luna e Bachera. Le riesco a ritrovare perché sono a pochi metri da me. Quando non ci penso ecco che una delle due spunta, come per dirmi: “Ehi, todo bien?” e farmi sentire a mio agio nella loro casa comune.
Lya pensa che ogni cane deve avere una casa in cui vivere. All’ingresso del Santuario c’è scritto: “Un mondo perfetto è quello in cui c’è un posto per ogni cane e un cane per ogni posto” e su questo ci siamo già a lungo confrontate, io così presa a capire desideri e motivazioni di un cane come si sposano con i nostri egoismi e le varie ideologie su “pets” versus “cani liberi”.
E’ bene chiarire che i cani del Territorio sono stati randagi “per forza”: abbandonati, maltrattati, ex cani di proprietà non voluti più. Nessuno è andato a accalappiarli per il puro scopo di portarli poi al Territorio, toglierli dalle strade e inserirli nel Santuario è una scelta dovuta alle condizioni in cui li hanno recuperati*. Il senso ultimo della missione di questa donna canadese è trovare una famiglia per ognuno di loro ma il “qui e ora” per lei è questo luogo dedicato al loro benessere, alla semplice possibilità di avere una vita dignitosa nel pieno rispetto della loro individualità.
Si possono fare tante considerazioni “pseudo cinofile” sul Territorio de Zaguates, eppure ritornando a Luna vedo la risposta a qualsiasi dubbio e polemica su “come dovrebbe essere” la vita di un cane: la libertà è scegliere. E come per gli umani, anche per un cane riuscire a raggiungere la capacità di comprendere di poterlo fare, di essere in grado di poter decidere per se stessi deve essere un percorso di grande autodeterminazione.
Ora vado, Luna è passata di nuovo. Si è affacciata in cortile e mi ha guardato come per dire: “Ma che stai facendo?”. Andiamo a farci un giro in paese e poi, se vorrà, ritorneremo insieme a trovare i 1399.
*Nella prima versione di questo articolo avevo scritto: "Nessuno è andato a accalappiarli per le strade e portarli nel Santuario. Almeno nessuno delle persone che lavorano con Lya". La frase è stata contestata da una persona in un commento su Facebook sulla pagina di Stray Dogs International Project. Ho ritenuto fosse giusto e corretto dover ritornare sul pezzo per chiarire che ho usato il termine "accalappiamento" riferito a chi lavora al Territorio de Zaguates nel senso di persone che non lo utilizzano per attuare prelievi forzati da una condizione "naturale" (penso ai cani ferali). Ho sbagliato nel non considerare che fosse invece necessario specificare che per prendere un cane malato, impaurito o in altre condizioni di disagio estremo, le persone che lavorano al Santuario non hanno altro mezzo che appunto accalappiarlo. Ma è giusto che spiegassi più chiaramente quanto intendevo e che l'uso di quel termine è stato sbagliato da parte mia. Ho preso quella critica come un consiglio, nonostante l'interlocutrice sia poi rimasta sulle sue posizioni. Qui lo scambio sulla pagina Facebook di Stray Dogs International Project.